In occasione della 17° edizione della staffetta Telethon “24 x 1 ora” di Udine io e i miei amici Instagramers del Friuli Venezia Giulia abbiamo allestito una squadra per partecipare a questa manifestazione benefica.
La “24 per 1 ora” è uno di quei eventi mistici e misteriosi che vengono organizzati in Friuli Venezia Giulia e dividono la popolazione in due fazioni (come sempre d’altro canto): quella dei “ah si! La ventiquattro-per-un-ora-che-figata-mai-più-senza!!!” e quella dei “cazz’è?? Mai sentita.“.
Tanto per dare un’ordine di misura quest’anno si sono iscritte 393 squadre per un totale di circa 11mila partecipanti.
Non male: insomma è un bel numero, minore di 12mila ma comunque maggiore di 10mila.
Va bene, la smetto subito.
Funziona che corri.
Per un’ora.
Che per me, che non corro mai (e non nutro grande simpatia per questo tipo di attività fisica), è una quantità di tempo che tende all’infinito.
Si corre all’interno di un circuito tracciato nel centro storico di Udine, quest’anno da 1,1 km, e vince la squadra i cui 24 corridori hanno totalizzato il numero maggiore di passaggi.
Abbastanza semplice ed intuitivo.
C’è però da notare che il clima di competizione è relativo (e questo è anche il bello), visto che partecipa chiunque: agonisti serissimi che più che correre volano, appassionati, gente messa male come me, gente messa anche un poco peggio di me, persone che camminano (alcune lo fanno in modo velocissimo) e pure persone con problemi di mobilità di vario tipo. Insomma è una di quelle occasioni in cui dire che “vince lo sport” non è soltanto una frase fatta, ma la realtà delle cose. Il fine della due giorni è la raccolta fondi per sostenere la ricerca scientifica contro malattie genetiche rare, grazie all’impegno del Comitato udinese e della Bnl, main sponsor dell’iniziativa.
Tutti dobbiamo morire, ma tra le varie cause che possono portare alla fine della mia esistenza ho pensato la corsa non fosse la mia preferita. Così ho deciso di allenarmi, almeno un minimo, per sopravvivere a questa esperienza.
Ho corso prevalentemente sul tapis roulant, e sono riuscito a farlo anche per 70 minuti di fila sviluppando una forza mentale devastante. Non credevo fosse possibile per un essere umano resistere così tanto su una di queste trappole infernali e, soprattutto, nello specifico non credevo che io potessi restarci sopra più di 30 minuti.
Invece ci sono riuscito. Bella lee.
Siccome mentre trotterellavo per minuti e minuti nel medesimo metro quadro non mi passava una fava, lenivo le mie sofferenze twittando improperi contro corsa e tapis roulant, scoprendo che la setta dei runners è cattivissima e molto poco autoironica.
Quindi sappi che, in ogni caso, devi “correre con il vento in faccia“, perché evidentemente ai runner piace il vento e soprattutto non abitano in zone dove la Bora tira a 120 km/h.
Sto chiaramente scherzando: fermate le vostre dita da troll prima di iniziare a telegrafarmi bestemmie tra i commenti.
Correre sessanta minuti per me è un’idea lancinante, farlo tra le due e le tre di notte di domenica 13 dicembre è stato avanguardie.
Però ho corso, e ho corso a manetta, totalizzando 10 km in un’ora. Che magari per voi non sono niente, ma per me è una cifra spropositata. In realtà, come attesta la schermata del mio Runkeeper, ho corso 9,95 km (ma noooooo) e l’ho fatto in un’ora tre minuti e tre secondi proprio a voler essere pignoli.
Ma per me resta un risultato straordinario.
Tra lo sforzo non abituale e il pavè, ho avuto mal di gambe per un sacco di giorni. Ah, sia chiaro, per i 10 giorni successivi non ho più corso, perché la mia personalissima interpretazione di questo evento è che dopo averci corso per un’ora puoi farne a meno per 24 giorni in quanto ti viene data una sorta di assoluzione plenaria che fa si che tu non fai una fava ma il tuo fisico venga comunque tenuto “in caldo” da una qualche forza divina.
Un poco come una sorta di Compostela dopo il Cammino di Santiago.
Avrò ragione?
Assolutamente no.
In molti mi avevano avvisato che, correndo di notte, oltre che vedermela con gli Orsi-Lupi e gareggiare contro i Pinguini di Madagascar, avrei dovuto stare attento alle molestie della gente ubriaca. Nonostante la mia regione sia un territorio noto per un uso di un certo livello di alcolici, la previsione mi sembrava un poco una cazzata.
Invece no.
Parlare di molestie è forse un termine troppo forte ma come dimenticare un gruppo di 5 personaggi che teneva in una mano una birra mentre l’altra era protesa verso i corridori per farsi dare il 5. Il tutto accompagnato da urla demoniache prive di alcun concetto. Li ho trovati splendidi, anche perché lo hanno fatto ad ogni giro in cui sono passato, quindi almeno per un’ora di fila, ma presumibilmente di più.
Eroi del disagio e del malessere.
Alcuni concorrenti hanno partecipato a questo evento da soli.
Scrivendo “da soli” intendo proprio che hanno camminato per 24 ore (più o meno ininterrottamente) compiendo centinaia di giri del percorso.
A volte si fermavano per rifocillarsi e così una di queste persone, attorno all’una di notte, ha ben pensato di bussare al nostro stand e chiederci “un tè caldo con la coca cola, per favore“. Dopo esserci assicurati (più volte) che veramente ci stesse veramente chiedendo di fare questo clamoroso mix tra le due bevande, e avendo ottenuto risposta affermativa, abbiamo servito all’allegra signora l’intruglio.
Ancora perplessi per la richiesta, dopo un giro soltanto, la stessa persona si ferma nuovamente chiedendoci lo stesso cocktail. Ottenendo risposta negativa (avevamo finito il tè, mica per altro), si è incazzata abbastanza di brutto e se n’è andata. Cavaliera della notte.
Resta il fatto che, in un giorno soltanto, queste persone sono passate per via Mercatovecchio più volte di quanto io lo abbia fatto in tutta la mia vita.
Eroi post moderni, non sono riuscito a capire il perché della loro impresa, ma dato che non capisco molte altre cose, va benissimo così: bravi.
La cosa che mi ha devastato maggiormente, più dell’ora di corsa, sono state le 36 ore filate dentro lo stand: se non avessimo avuto uno dei famosi “funghi” a creare un clima mite non credo sarei sopravvissuto.
Lo rifarò il prossimo anno?
Al momento, come spesso accade, la risposta è “assolutamente no”, poi con il passare del tempo il ricordo della fatica se ne andrà, ricorderò che è stata un’esperienza spettacolare e quindi mi ritroverete sulla linea di partenza.
Alle due di notte.
Perché le cose o si fanno bene, o non si fanno.
Enjoy.
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