Sono stato inviato da GoPro a partecipare ad uno splendido Surf Camp di 3 giorni in quel di Biarritz e Hossegor, in Francia sull’Oceano Atlantico. Di questi luoghi prediletti dai surfisti di tutta Europa, e non solo, vi riporto 5 punti di interesse: magari in futuro ne scriverò altri, magari no. La vita è imprevedibile.
Le spiagge sono enormi, enormissime, abbastanza in pendenza e di sabbia mediamente grossa.
La temperatura della sabbia è freddissima, talmente fredda che mentre ci spiegavano i rudimenti del surf si sono congelati pure i miei piedi che solitamente sono dei boiler.
La spiegazione è che le spiagge sono giganti -anche- perchè di notte la marea si alza di bruttissimo e vengono sommerse dall’acqua dell’Oceano. La sabbia si bomba d’acqua, poi la marea cala e il vento la raffredda a bestia tutto il giorno. Ci sono punti in cui si asciuga e ok, altri in cui invece resta bagnata e basta, e quella è fredda da paura.
Siamo abituati a vedere le spiagge italiane asfaltate da persone che prendono il sole tutto il giorno (che maroni) e che, prima di morire grigliate, entrano in acqua giusto per rinfrescarsi.
Qui avviene l’inversione.
Il mare è asfaltato da gente con la tavola che cerca di surfare (il colpo d’occhio è quello delle foche o dei pinguini di Super Quark) e la spiaggia è vuota. Ma talvolta arriva a distendersi qualche surfista che, prima di morire stremato e frullato dalle onde, decide di riposarsi sulla rena.
Praticare il surf è onestamente un casino: suppongo lo immaginiate.
Lo immaginavo pure io ma, uscendo con il sup enne volte durante la settimana, credevo che almeno alzarmi sulla tavola trasportato dalle onde più piccole risultasse piuttosto semplice. Invece ciao proprio.
Sono stati due splendidi giorni di eroiche frullate ed epici voli.
Segnalo che non ho mai bevuto acqua, in compenso l’Oceano mi ha frullato via una GoPro dal braccio. Quindi avrei preferito bere un poca di acqua salata, ma portarmi a casa la camera con i video della seconda giornata di milkshake.
Sono riuscito ad alzarmi un paio di volte e a farmi trasportare per un tot di metri prima di finire, come al solito, centrifugato a bestia.
Non che sia impossibile, ma serve tempo: come tutte le cose.
Ma in questa cosa, forse, ne serve un poco di più.
Strano ma vero: la temperatura dell’acqua era assai dignitosa. Con la muta.
Ad ogni modo aveva 19,5 gradi centigradi che, vorrei dire, è più o meno la stessa che c’è in questi giorni nelle mie zone (nel punto più a nord dell’Adriatico), che non è proprio acqua aperta come quella dell’Oceano.
La cosa mi ha un poco stranito anche perché la precedente volta che i miei piedi erano stati bagnati dall’Atlantico (in quel di Finis Terrae, alla fine del Cammino di Santiago) ne avevo rischiato l’amputazione per congelamento istantaneo.
Non so come sia d’estate, ma di giorno ad ottobre riesce a fare caldissimo.
Insomma proprio caldissimo no, ma sui 25° si, che non è male calcolando che in Friuli Venezia Giulia siamo già fissi a 18° con pioggia e vento. Ma nel preciso istante in cui il sole tramonta (e tramonta circa un’ora dopo, attorno alle 19:15) arrivano venti freddi da paura e la temperatura precipita modello deserto. La mattina, prima dell’alba, che avviene attorno alle 8:10, la temperatura esterna era anche di 9 gradi con vento: da qui va in loop il discorso della sabbia congelata. Insomma, bisogna un poco andare in giro con un cambio perché il clima non è propriamente lineare, ma i problemi della vita direi che sono altri: meglio un cagotto per colpa del freddo sulla riva dell’Oceano che stare bene ma sotto la pioggia di questi giorni nella mia città.
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