Ogni tanto mi piace scrivervi di graffiti-writing, di questo mondo che a me pare così ovvio ma che, mi rendo conto, non lo sia per la maggior parte delle persone.
Una delle domande che vengono poste più spesso, a chi scrive o disegna su parete, è :”Ma come fai la traccia? Ma è difficile? Ma come fai a mantenere le proporzioni?“.
Di primo acchito io rispondo sempre “beh è facile, prendi lo spray e disegni, o scrivi, un poco come farlo con i pennarelli“.
Si, va bene, ma in realtà non è proprio così. O meglio, dopo 20 anni magari anche si, ma ci sono situazioni che il tempo mi ha fatto dimenticare.
Mi ha fatto dimenticare che, ad esempio, nei miei primi tempi alcuni lavori su parete non li realizzavo perché non avevo una tecnica tale da riprodurre quanto avevo preparato in bozza su carta. E che certi angoli non ero in grado di realizzarli perché non riuscivo ad andare così tanto diritto, o avrei colato.
Te ne dimentichi. Per fortuna.
Come in tutte le discipline, serve pratica.
Dicevo che bisogna fare molte prove e, in passato, si disegnava molto su carta prima di approcciare alla parete. In anni in cui ormai si vuole tutto subito parlare di mesi di bozzetti, prima di passare a dipingere realmente, capisco sia folle, ma i risultati si vedono. Tengo spesso corsi di “aerosolart e graffiti” (ne terrò uno anche questa estate a Monfalcone) per giovani e faccio fare loro inizialmente degli schizzi. Salvo rari casi, trovo sempre più difficile metterli davanti alla parte progettuale e a far capire loro che la prima cosa disegnata su carta non è definitiva ma semplicemente il primo passo di un lungo processo, composto da passi avanti e passi indietro. Fattivamente, invece, prendono lo smartphone, copiano qualcosa a caso (e male) tra le immagini cercate su internet, non sono ancora in grado di riprodurla su carta, ma per smania la vogliono comunque andare su parete. Non avendo tecnica con gli spray e, prima ancora, nemmeno a mano libera o con il bozzetto in questione, realizzano una cosa indecente, si smontano e non disegnano più.
Fare writing è azione, è gestualità, è tratto, ma è anche zen. Ci si cala in una dimensione mentale in cui spazi e colore sono trattati in modo ben preciso, se fatto con logica, e serve tempo per calibrarli. Esiste chi dipinge in freestyle ma, tendenzialmente, il freestyle non esiste. Una persona che dipinge da anni non fa mai un freestyle, almeno per come lo ipotizziamo, ma sta mettendo assieme pezzi di conoscenze pregresse assemblandole forse in modo innovativo, forse no. Magari non ha una bozza fisica, ma è probabile che ne abbia un canovaccio in mente. Anche uno che lancia colore su parete, lo fa con cognizione di causa, avendo una vaga idea del risultato finale.
Mi rendo conto che la sto prendendo un poco larga, e voglio tornare nel focus del discorso: tracciare il disegno sulla parete.
Con il tempo diventa tendenzialmente semplice: in pratica si diventa dei pantografi. O meglio, si acquisisce la conoscenza del capire come il gesto del braccio, e il movimento del corpo, vadano naturalmente a riprodurre in scala molto più grande il pari gesto che fa la mano quando disegna su un foglio di carta. Ecco perché bisogna capire che la bozza è importante: se non so quale sia il gesto che realizza il tratto su carta, non saprò come muovermi su parete.
In passato, e parlo del 1997, alcuni tracciavano con i gessi.
Credo di averlo fatto solo in occasione del mio primo “pezzo” legale, poi ho trovato la pratica estremamente fastidiosa e l’ho abbandonata.
La traccia con i gessi serviva per due motivi: il primo è che se non eri molto sicuro di quanto andavi a fare, questi ti permettevano di sbagliare senza fare grandi danni e cancellare senza molte difficoltà. Il secondo motivo è che, ai tempi, la maggioranza delle bombolette spray non era molto coprente, quindi tracciando con uno spray (e magari sbagliando) poi non c’era la certezza di riuscire a coprire quel colore. Di conseguenza prima si tracciava a gesso, poi si ripassava con la bomboletta.
Tecnica tutt’ora in auge per i più, che consiste semplicemente nel prendere uno spray di colore chiaro e tracciare il disegno o la scritta. Tendenzialmente ora tutti i colori coprono tutti gli altri colori: potrei benissimo tracciare in nero e coprirlo poi con il giallo, per capirci. Ma per praticità si traccia, ad esempio con il bianco, si commettono una certa quantità di errori e poi si ripassa la traccia definitiva con un colore più scuro in modo da escludere al colpo d’occhio i segni sbagliati. Questi ultimi saranno rimossi tramite riempimento del disegno o messa a posto dello sfondo.
C’è da dire, come si vede anche nel video, che io non lo faccio nemmeno in modo troppo lineare. A volte parto dal centro, altre parto effettivamente da sinistra ma non completo tutto man mano come fossi una stampante, bensì vado un poco avanti e un poco indietro, insomma ognuno ha il suo metodo.
Talvolta si utilizza pure la quadrettatura, soprattutto in casi di superfici molto grandi.
Fermiamoci un attimo: per molto grandi, intendo molto grandi. Calcolando che un graffito di dimensioni medie -a mio avviso- vede un’altezza di 2,5 metri e larghezza 5, per molto grandi intendo la facciata di un palazzo. Ma poi dipende sempre da quanto deve essere identica alla bozza la realizzazione finale, o quanto sia complessa l’opera da realizzare. Personalmente, per i miei lettering, metto sempre in conto una certa percentuale di devianza dalla bozza, data dal momento e dalla casualità. Al netto che questa devianza non li faccia fare schifo o porti errori grossolani.
In alcuni casi si utilizza anche il proiettore per tracciare figure grandi o complesse, al che il pubblico dirà “ah si, vabè: ma lo ha tracciato con il proiettore, lo so fare anche io così“. Certo. Avete mai provato a farlo? Non credo. È tutto meno che semplice, anche perché tendenzialmente non avrete a vostra disposizione uno strumento con una lampada da un miliardo di lumen o il proiettore di un cinema. Difficilmente il buio sarà assoluto e molto probabilmente potreste trovarvi su un trabattello, su una scala o su un braccio mobile. Di conseguenza è un aiuto, ma non è che l’opera si dipinga da sola.
I metodi per tracciare su parete le linee guida dell’opera sono vari, nessuno di questi descritti è più o meno giusto dell’altro, sono semplicemente differenti. In tutto questo, chiaramente, non ho tenuto conto della parte illegale della disciplina. In questa il tempo fa da padrone e, meno sono i passaggi, meno è il tempo impiegato, meglio è. È abbastanza logico insomma che non troverete qualcuno fare la traccia con un proiettore quando va a dipingere un treno, mi sembra abbastanza assodato. Ma lo specifico tanto per la precisione.
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