#KINGstagram: @BenedettoDemaio

{ Overdo } • I know sometimes I exaggerate but I don’t regret it at all. It’s great to let go.

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Ciao Benedetto, nel tempo tu sei diventato “l’uomo del blu” mentre io mi sono fatto un poco notare come l’uomo pantone; dì la verità: ormai hai una tinta specifica che potremmo definire “Blu-BenedettoDeMaio”? Dacci il Pantone che facciamo richiesta di inserirlo come nome specifico e, soprattutto, spiegami come mai hai scelto questo colore per caratterizzare in modo così forte la tua gallery.
Ti rispondo subito, sperando di non perdermi in preamboli ridondanti, vista la mia insaziabile libido scrivendo! Forse già sai che provengo dal sud Italia, esattamente da un paese della Calabria che si affaccia sul mar Tirreno (Bagnara Calabra). Nei giorni in cui il mare è agitato (dalle mie parti si chiama “lavatura“, perché le onde arrivano a volte anche sulle strade lavandole), l’acqua assume delle tonalità, a mio avviso spettacolari, passando dal blu oltremare fino ad arrivare ad un turchese bellissimo, che poi è esattamente quello che ho scelto come una sorta di “firma cromatica” che mi identificasse su Instagram. L’ho proprio catturato brutalmente col contagocce su Photoshop (eccoti l’esadecimale #3db9c3).
Mi fa sorridere che alcuni amici d’infanzia lo chiamino proprio “blu lavatura”, mentre in giro per il web e sui social qualcuno lo ha già ribattezzato “blu Demaio” o “blu Benedetto“. Mi piace essere associato ad un colore.

{ Dandelion } • “True delicacy is not a fragile thing.”

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Si, credo anche io che essere associati ad un colore sia tremendamente bello per chi ci “lavora” ogni giorno. A me associano ad esempio il “Verde @stailuan” (che è quello della parete del mio ufficio, che in CMYK è 100Y e 40C), e lo trovo molto divertente.
Detto questo: dal tuo profilo IG emerge il tuo grande amore per l’arte e – appunto – i colori. Questa passione ha contatti con la tua vita “reale” oppure sono dei binari paralleli che non si toccano? Te lo chiedo perché spesso accade che le persone creino profili IG atti esclusivamente a ottenere like, postano foto di grandi automobili e poi magari girano con il monopattino (mezzo che, tra l’altro, trovo molto più accattivante 😉 ).
La passione a cui ti riferisci è più che reale. Amo l’arte in tutte le sue forme già da bambino; quando è stato il momento di decidere un percorso di studi, ho intrapreso quello dell’Accademia delle Belle Arti, scegliendo la pittura come specializzazione. Ho deciso poi di abilitarmi all’insegnamento dell’arte perché mi piaceva l’idea di condividere la mia passione con giovani menti ancora acerbe che hanno tutto da scoprire e imparare. È questa idea mi piace tuttora. Quando da piccolo mi chiedevano cosa avessi voluto fare da grande, io rispondevo sempre “l’artista” e così è stato. Avevo le idee chiare, come ce l’hanno quelli che possiedono un grande sogno e sono disposti a lavorare duro per realizzarlo. L’arte è protagonista della mia quotidianità, in modo semplice e senza ostentazioni. Esiste nei miei giorni con naturalezza e con la stessa naturalezza entra nella mia vita virtuale, attraverso i miei canali social. Mi piace che l’immagine che ho di me corrisponda a quella che do di me, senza forzature, con genuinità.
Su Instagram appaiono molti aspetti della mia personalità: quello poetico si mescola con quello ironico; quello ordinato delle composizioni si fonde con quello caotico delle improvvisazioni; quello maturo di certi concetti si unisce a quello infantile di alcuni soggetti. È un gioco di contrasti che mi corrisponde, una piccola finestra dove lascio intravedere una parte reale della mia vita. Il resto lo lascio alla conoscenza dal vivo, agli incontri reali a quelle splendide occasioni di incontro che Instagram fortunatamente offre.

{ Syntony } • There is a relationship of emotional exchange between the canvas and the painter that makes both alive.

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Il colore nella tua vita, ma si nota molto anche il colore “sulle dita”.
Insomma: dai tuoi scatti noto che sei uno a cui piace sporcarsi con la vernice.
Credo sia interessante questo amore verso la “materia” veicolato tramite una piattaforma digitale, non credi?
Sembra un po’ un paradosso parlare di materia in un contesto “immateriale”, ma è uno degli aspetti che tendo a sottolineare di più e che trovo davvero interessante. L’artista è anche un artigiano, uno che usa le mani per creare le sue opere. E le mani sono spesso protagoniste dei miei scatti, insieme alla materia cromatica. Il rapporto tra loro e il colore è dato dal tatto, da quel senso che insieme alla vista consente la piena percezione dell’Arte. Mi piace che questo senso invada il display, traducendosi digitalmente in quella caratteristica “touch” che è propria di ogni device mobile. Si crea una sorta di illusione che affascina lo spettatore dandogli l’impressione di entrare a contatto con la materia, di sentirla, di viverla.
Volendo esagerare potremmo parlare di empatia digitale, ma forse è meglio limitarsi a definirla magia.
Ed è una “magia” che -onestamente- credo venga percepita da chi visita la tua gallery. I tuoi contenuti non sono mai banali: ti diverti ancora usando Instagram? O il passare del tempo, il cambiamento della tipologia dei rapporti e le modifiche dell’algoritmo hanno cambiato anche i tuoi sentimenti verso questo social? Io ad esempio, da qualche mese a questa parte, mi sento veramente stanco e stremato dal frullatore che è diventata questa piattaforma.

Ci sono dinamiche su Instagram che non mi entusiasmano, ma che non critico per mancanza di sufficiente conoscenza. Ho cercato sempre di restarne fuori perché non appartengono al mio modo di fare né al mio modo di vivere questa piattaforma. Ma Instagram è una grande giostra ed anche se non ci sali a bordo, vieni comunque sfiorato dal vento che produce girando. Io lo uso a mio favore, seguendo la mia indole ottimista e trovando l’aspetto positivo della situazione. Perciò approfitto dello spostamento d’aria per far volare soffioni e matite colorate ad invadere altri spazi e altri profili. Ovvio che l’istintiva spensieratezza iniziale ha ceduto il posto ad un divertimento più consapevole, ma per ovviare a questa stanchezza fisiologica ho dilatato i tempi di “frequentazione” ed ho trovato un altro equilibrio per continuare a divertirmi in modo sano.


Molti mi chiedono “come fare successo su Instagram e monetizzare”.
Credo che la mentalità che sta dietro a questa domanda sia diventata ormai un problema perché -dal mio punto di vista- svilisce il fine di queste piattaforme e con il passare del tempo sta facendo crollare il livello dei contenuti a favore dell’apparire a tutti i costi. Il tuo profilo a mio avviso funziona perché sarebbe più o meno lo stesso anche senza fama, collaborazioni esterne, o gloria. Insomma: tu crei e condividi le cose che vuoi e poi queste piacciono, invece di vedere i trend e condividere quello che necessariamente piace agli altri. Cosa ne pensi?
In parte ho già risposto a questa domanda quando ti dicevo che ho scelto di usare le raffiche create dal vorticoso avanzare di Instagram per far muovere la mia creatività verso altri luoghi che non siano esclusivamente la mia gallery. Con questo intendevo anche le collaborazioni esterne. Come molti, anch’io ho iniziato a stringere legami di partnership, l’ho fatto principalmente per trovare nuovi stimoli e nuove fonti di divertimento, poi per mettermi alla prova e non di meno per lasciare che il mio percorso creativo si evolvesse. Ho da subito però messo dei paletti, ribadendo che non avrei assolutamente alterato il mio linguaggio espressivo né il mio sistema comunicativo. Mi interessano pochissimo i trend e le mode del momento e mi dispiace assistere al proliferare di contenuti simili tra loro, omologati e spesso privi di personalità, di guizzi originali che sorprendano e incuriosiscano. Preferisco seguire la mia traiettoria, con devozione e cognizione, con i miei ritmi e i miei tempi e senza lasciare che siano likes o engagement o condizionare la mia creatività. Hai esattamente ragione quando dici che il mio profilo sarebbe uguale anche senza brand o tot-mila followers. La mia identità mi sta a cuore molto più che la fama o la gloria virtuale.
Ecco, credo che in un web in cui i post (anche quelli scritti da me) sono quasi tutti orientati verso le tecniche per ottenere più like e follower, parlare di un’idea di identità trasversale a Instagram e di un amore verso i propri contenuti non sia per nulla banale. Ti ringrazio per il tempo che mi hai concesso e per questa piacevole “chiacchierata” virtuale. Se hai ancora qualcosa da aggiungere fallo pure, altrimenti carpiremo i tuoi messaggi seguendo il tuo profilo. 🙂

Noto che spesso la condivisione di immagini su Instagram è vissuta più come una necessità che come una possibilità, come un’esigenza o meglio un’urgenza comunicativa. Questa impellenza al post quotidiano purtroppo contribuisce al dilagare di feed privi di contenuti interessanti, di caption non allineate alle immagini, di profili banali e peggio ancora vuoti. L’essere presente a tutti i costi, anche se non si ha nulla da dire, porta soltanto ad una inesorabile sovraesposizione mediatica. Credo che la paura di perdere followers o peggio ancora di essere dimenticati, abbia preso il sopravvento a discapito della comunicazione e della condivisione stessa. Ogni tanto sarebbe però opportuno diminuire la quantità per aumentare la qualità. È sempre meglio non correre il rischio di abituare il pubblico alla mediocrità.

{ #❣️} • Let it drip everywhere.

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(sul progetto) KINGstagram

Il credo.
Perché quando avremo tutti finito di autoproclamarci Re e Regine di Instagram, a quel punto nessuno avrà più sudditi.
E tutti torneremo alla nostra vera realtà di ogni giorno: quella di persone normali, più o meno sconosciute, più o meno indifferenti.
Ma con una gallery molto curata.
Il progetto.
KINGstagram è un progetto che parla di persone su Instagram. Persone che a mio avviso hanno tanti followers perché prima di essere degli influencer, o dei fenomeni sui social, sono esseri umani che hanno effettivamente qualcosa da dire, e da condividere. Cosa non ovvia o banale. Sono delle interviste informali, che partono senza una scaletta e senza sapere a dove si arriverà, senza piani di marketing, senza vivere i social con l’affanno della condivisione e del successo. Perché le piattaforme social sono dei non-luoghi dove, alla fin fine, ci si può ancora divertire e si può trovare qualcosa da imparare: non è tutto oro quel che luccica, ma nemmeno tutta fuffa.

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