Un post vintage.
Quelli che mi conoscono da molto tempo hanno già sentito questa storia moltissime volte, ma dato che tra di voi in molti mi conoscono solo tramite il web, ho deciso di raccontarvi questo aneddoto, pilastro fondante della mia esistenza: l’armadio, un grande sogno, un grande progetto.
Correva l’anno 1997, 14 anni fa: un sacco di tempo! Eravamo alle superiori, non ero ancora un writer, non ero ancora Stailuan: un mondo totalmente diverso insomma. Un giorno, non si sa perchè, io e il mio amico Paolo prendemmo una decisione, una di quelle che capitano a tutti di prendere nella vita
:”Perchè non creiamo un ecosistema all’interno dell’armadio?“.
“Si dai, figata!“.
(da notare che non ci fu alcuna richiesta di spiegazioni da parte mia)
Io e Paolo abbiamo sempre avuto un feeling speciale con le minchiate, una sorta di completamento reciproco per azioni inutili ma indispensabili di questo genere. Detto-fatto prendemmo una confezione di crackers a metà e un residuo di panino e li mettemmo nell’angolo dentro al grosso armadio di metallo che avevamo in classe. Dopo alcuni giorni i risultati non erano soddisfacenti e di conseguenza decidemmo di bagnare il cibo per farlo ammuffire; oltretutto Paolo, più scentifico in metodo e approccio, decise di aggiungere una lattina di coca cola, riempita a metà di acqua, per fare umidità.
Nei giorni seguenti continuammo a foraggiare l’ecosistema aggiungendo avanzi di merenda finchè cominciammo ad ottenere i primi risultati apprezzabili: muffa e una puzza scandalosa.
C’era però un rischio non da poco: ovvero che qualcuno aprisse l’armadio e magari facesse sparire il tutto. Decidemmo quindi per una soluzione stravagante, risultato di molti film di Indiana Jones e di perle storiche sulle trappole presenti nelle tombe egizie. Prendemmo infatti una riga a martello di legno, di quelle che si usano per disegno tecnico per capirci, molto flessibile e la chiudemmo dentro l’armadio. Questa chiaramente in lunghezza non ci stava, ma chiudendo le porte si inarcava e aprendole partiva fuori modello molla. Avvisammo i compagni di classe del barbatrucco e nessuno più aprì l’armadio (non che prima fosse molto usato).
Passarono i giorni e crebbe l’ecosistema. Crebbe fino al punto tale che cominciò a fuoriuscire la puzza. Ma a fuoriuscire di brutto eh.
Arrivò il giorno della provetta di latino e la professoressa esclamò “Su ragazzi, separate i banchi“. La gente come sempre cominciò a spostare di 10 cm il banco, cosa totalmente inutile, finchè la prof non dovette intervenire e gestire i lavori di spostamento. Arrivò il turno del nostro amico Stefano e gli disse “X! Spostati davanti l’armadio“. Io e Paolo eravamo nell’angolo opposto della classe e ci guardammo furtivamente, Stefano si aggrappò al banco e sbottò in un mitico “NO PROF! L’ARMADIO NO!“.
Scena epica.
La prof continuò ad insistere e Stefano ad opporsi, ma non poteva tradirci e di conseguenza non aveva argomenti a sufficienza e si spostò davanti all’armadio.
Dopo una ventina di minuti in classe si iniziò a sentire :”Ohhhhhh. Prof! Sto male prof!” “ma che cos’hai?” “Prof sto male… l’armadio“.
Io Stefano lo odiai fino al profondo.
“L’armadio prof, l’armadio“.
Eravamo nella cacca fino al collo.
La prof si avvicinò e disse “Ma cosa c’è nell’armadio?” E lo aprì.
Ora non ricordo che la riga a martello, grazie a Dio, sia partita, quindi probabilmente l’avevamo già disinnescata, ma si accorse dell’ecosistema. Oltretutto avrebbe dovuto essere felice di essere la prima a vederlo: ma non fu così. “Ma chi è stato? Cosa avete fatto?” Nessuno parlò. Omertà rulez.
Arrivò però l’ordine di pulire tutto a ricreazione.
Aperto l”armadio potemmo ammirare LO SCHIFO. Paolo lo prese e lo lanciò dalla finestra, centrando in pieno il sellino della moto parcheggiata sotto. In un sussegguirsi di ipotesi la gente iniziò a esclamare “dobbiamo pulire!” “No, dobbiamo disinfettare” “Come si disinfetta?” “Con il Fuoco!”
FUOCO FUOCO! Riecheggiava per la classe.
Ricordo solo che un attimo dopo Pier aveva una bottiglia di alcool in mano, e poco dopo l’ecosistema era stato incendiato. Il problema a questo punto era spegnere l’incendio. Come fare? Acqua? Ma no, troppo dozzinale.
CHIUDIAMO LE PORTE DELL’ARMADIO IN MODO CHE SI CONSUMI L’OSSIGENO E SI SPENGA DA SOLO (liceali mica per niente eh…).
E così fu fatto.
Chiuse le porte, spento l’incendio. Riaperte le porte per controllare, riacceso l’incendio.
Spettacolo.
Venne nuovamente chiuso, e chiaramente si spense, ciononostante l’armadio era divenuto una sorta di calorifero.
Poi ricominciò la lezione, il resto è storia nota: dopo un anno venne ripetuto l’incendio dell’armadio per ricordare i fasti rendendo questo avvenimento indimenticabile nella nostra storia e nei nostri cuori.
Correlati
5 Comments
VaLe
Style1
DaZa
Style1
Airali's Passion