Il profugo di Instagram

Non me ne vogliano i profughi veri, quelli che stanno vivendo situazioni tristi, di disagio e sofferenza, ma nella mia scarsa conoscenza del linguaggio, è la parola più funzionale -e più impattante- che mi sia venuta in mente per descrivere questa categoria di utente.
Il profugo di Instagram non è un profugo, neanche lontanamente.
Ribadiamolo ancora una volta, che non fa mai male.
Il profugo di Instagram è un cacciatore seriale di like, follower ed engagement in generale.
Parlare di engagement fa sempre abbastanza figo.
“Scusi, mi da un etto e mezzo di engagement?”.
“L’engagement del petrolio è in salita per colpa del dollaro che ha perso engagement”.
“Tira più un pelo di engagement che un carro di like“.
“Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’engagement“.
Visto?
Parlare di engagement è sempre facilissimo, pone la vostra persona al di sopra di tutte le altre e il mondo della fuffa si arricchisce di ancora un poca di foschia. Che non fa mai male. È una di quelle parole che di base un significato lo avrebbe ma, ormai, sono state talmente tanto utilizzate a cazzo che potete usarle sempre, facendoci un figurone. Di nerec.
Ma di cosa parlavamo?
Ah, del profugo di instagram.
Vabè ma chi se ne frega.
Il profugo di Instagram è una categoria che va a bestia nel 2015, ma più che di utenti andiamo ad indicare una tipologia di foto, perché in questo caso il profugo non è tanto colui che condivide, bensì il soggetto fotografato.
Oh che palle @stailuan, ma di cosa stai parlando?
Ci arrivo.
plaid
Prendete un plaid, o una coperta di merda, di quelle belle grandi con colori osceni, a righe o ancora meglio a quadroni, quelle con orribili fantasie da boscaiolo, la mettete sulle spalle di un vostro amico (ma se si tratta di un’amica è ancora meglio perché, in percentuale, la gnocca tira sempre di più o -riprendendo il discorso di prima- engaggia a bestiazza) e lo lanci in mezzo a un campo.
Un campo de che?
Ma chissenefrega.
Un campo di campo. Non è che staremo qui a fare le Guide Naturalistiche, che invece è abbastanza bravo a farlo (o esserlo) il mio amico Claudio il quale, tra l’altro, organizza gite in canoa e con le ciaspole da paura. Oh ma che markettata è? E neanche me l’ha chiesta. Big Up brò. Cinque alto, ma che dico: altissimo!
Devastiamo il sistema delle markette per i brand e consigliamo gli amici veri, che fanno cose belle e hanno più bisogno di cash rispetto ai grandi marchi.
Zio billy: oggi sono un filino dispersivo.
Torniamo alla tipologia di campo per la nostra location.
Di grano, di soia, di girasole, di papaveri: faremo mica razzismo?
Siamo qua per vincere l’instagram non per stare a vedere tanto la natura. Questa è solo il mezzo per arrivare alla gloria. Se servissero cemento e bitume, saremmo in prima fila a fotografare quelli: bisogna essere intellettualmente onesti.
Scherzo chiaramente, anche perché sennò la Guida Naturalistica di cui sopra (che è abbastanza grossa) mi annienta.
Insomma: lanci una persona in mezzo ad un campo con una coperta addosso, ed è fatta.
LIVE FOLK.
livefolk
La tua foto è servita.
È una tipologia di foto bella? È brutta?
Boh, questo è assolutamente soggettivo.
Restando nel concreto possiamo dire che, attualmente, questa corrente funziona.
Molto probabilmente sono foto che funzionerebbero anche senza la coperta, però questa rende il tutto più particolare (finchè di queste non ne gireranno tante, poi diventeranno una rottura di balle come i vari jump, i palloncini, i from where I stand e compagnia bella: tutte idee molto belle ma che, putroppo, hanno stufato) e quindi laikabile da parte dei vostri follouers.
D’altro canto è il fascino di Padre Maronno, via, di cui se non ne ricordate la nascita, vi ripropongo qui il filmato.

Insomma instagram(m)ers: siate trendy, vivete folk che è molto bello e vi porterà carrettate di cuoricini.
E buttate anche un gatto nella composizione.
E se sotto al plaid la tipa mostra anche mezza tetta (non tutta, altrimenti vi bloccano) ancora meglio.
Siete pronti?
Aspettiamo con ansia i vostri scatti.
Enjoy.
follower instagram libro

Disclaimer

Nel web ormai quasi tutto è marketta e quindi il sospetto che un post sia sponsorizzato è legittimo. Ti dichiaro che questo non lo è: il mio editore non mi paga per scrivere post (ma chiaramente se compri il libro siamo entrambi felici), figuriamoci se lo fa Instagram stessa. Dalla pubblicazione di questo post non deriva alcun tipo di compenso.
Attualmente faccio parte dell’associazione Instagramers Italia, ma questo post non parla di persone, fatti o progetti legati a essa.
Se non sei membro dell’associazione e ritieni che io stia parlando esclusivamente di questa devo deluderti, perché non è così.
Se invece sei un membro dell’associazione, e credi che io mi riferisca a questa, sei ugualmente in errore: nei miei post parlo solo di tendenze generali in atto su Instagram.
I miei post volgono lo sguardo in modo ampio verso le dinamiche di Instagram, ricordandone i pregi ma sottolineandone -con ironia- i difetti.
Posso chiaramente piacere o non piacere, ma questo è assolutamente soggettivo. 

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